Il suo passo [...] era serale, aveva lo stesso suono del crepuscolo, era connaturato con l'ora, coi suoni smorzati che venivano dal centro della città, con la mezza luce dei primi lampioni che incominciavano appunto a illuminarsi.
Conosceva ogni piega del suo corpo. Sapeva da quale punto la pelle iniziava ad arrossarsi per il pudore, dove era più elastica, dove avrebbe lasciato intravvedere i tremori di un cigno. Sapeva dove avrebbe esternato la gioia e il dolore.
Alla memoria che il libro trasmette, per così dire, di proposito, si aggiunge la memoria di cui trasuda in quanto fisica, il profumo della storia di cui è impregnato.
Eccoci qua, come sempre schiacciati in uno spazio piccolissimo, un'astronave di alieni che osservano senza capirlo un mondo che passa veloce, sfocato, freddo. Da qui guardiamo in silenzio le contraddizioni di questo pianeta, le sue stupidità, e su di esse misuriamo la nostra condizione.
Desiderò essere in grado di dire «cosa significa provare un lutto, essere stati amati, essere abbandonati». Tutta la sua opera vibra di questo bisogno fondamentale.
Eccomi dunque in Svevia, nella mia patria: ancora una volta avrei trascorso la notte in una cittadina sveva. Lì trovai un facchino d'albergo, con il quale m'incamminai in direzione di una bella locanda d'altri tempi e poco prima che vi arrivassi e vi entrassi si levò una smagliante luna piena sopra il rettifilo dell'ampia strada provinciale. Mi dava di nuovo il benvenuto, e Dio solo sa quanto mi fece piacere.
Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica. Gli stessi sobbalzi dello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli. Inghiotto in continuazione.
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Il pellegrinaggio in Oriente - Hermann Hesse
Il suo passo [...] era serale, aveva lo stesso suono del crepuscolo, era connaturato con l'ora, coi suoni smorzati che venivano dal centro della città, con la mezza luce dei primi lampioni che incominciavano appunto a illuminarsi.
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Conosceva ogni piega del suo corpo. Sapeva da quale punto la pelle iniziava ad arrossarsi per il pudore, dove era più elastica, dove avrebbe lasciato intravvedere i tremori di un cigno. Sapeva dove avrebbe esternato la gioia e il dolore.
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Alla memoria che il libro trasmette, per così dire, di proposito, si aggiunge la memoria di cui trasuda in quanto fisica, il profumo della storia di cui è impregnato.
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Eccoci qua, come sempre schiacciati in uno spazio piccolissimo, un'astronave di alieni che osservano senza capirlo un mondo che passa veloce, sfocato, freddo. Da qui guardiamo in silenzio le contraddizioni di questo pianeta, le sue stupidità, e su di esse misuriamo la nostra condizione.
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Desiderò essere in grado di dire «cosa significa provare un lutto, essere stati amati, essere abbandonati». Tutta la sua opera vibra di questo bisogno fondamentale.
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Eccomi dunque in Svevia, nella mia patria: ancora una volta avrei trascorso la notte in una cittadina sveva. Lì trovai un facchino d'albergo, con il quale m'incamminai in direzione di una bella locanda d'altri tempi e poco prima che vi arrivassi e vi entrassi si levò una smagliante luna piena sopra il rettifilo dell'ampia strada provinciale. Mi dava di nuovo il benvenuto, e Dio solo sa quanto mi fece piacere.
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Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica. Gli stessi sobbalzi dello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli. Inghiotto in continuazione.
Il diario fiorentino - Rainer Maria Rilke
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